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BIOGRAFIA

La pittura è sempre stata la mia fedele compagna di viaggio, un amore segreto con cui ho condiviso momenti intimi sin da ragazzo, durante gli anni del liceo artistico.

La passione per l’arte mi ha spinto a iscrivermi contemporaneamente all’Accademia di Belle Arti e al corso di laurea in Architettura. Dopo la conclusione degli studi, mi posi il dilemma su quale mestiere intraprendere e decisi di iniziare la professione di architetto, per costruire un mio posto nel mondo lavorativo e una necessaria solidità economica. La pittura però non mi ha mai abbandonato: ha continuato a essere l’amante clandestina con cui intrattenere un dialogo creativo e profondo, negli spazi e nei tempi che riuscivo a ritagliare dalla mia vita quotidiana.

Il mio rapporto con la pittura non apparteneva al mondo esterno: era un racconto interiore, una storia intima, una ricerca personale di espressione. Il confronto con la ricerca pittorica di altri artisti era costante, ma sempre indiretta, attraverso la frequentazione di mostre e vernissage. Il mio è stato un percorso solitario, una relazione viscerale e constante, ma sempre rielaborata, rimpastata e rimodellata negli anni.

Ogni volta che iniziavo un nuovo ciclo di opere ripartivo da zero, facendo tabula rasa di ciò che avevo creato in precedenza e iniziavo un’esperienza inedita, in un lavoro continuo di rigenerazione, senza conoscere il punto di approdo.

I primi tentativi con la pittura sono avvenuti partendo da spazi piccoli e con materiali essenziali: fogli sparsi, album, grafite e pastelli a olio. All’epoca lavoravo come disegnatore tecnico in uno studio di ingegneria e approfittavo di ogni momento libero per dedicarmi ai primi esperimenti: disegni dai tratti geometrici, essenziali e senza colore, con la prevalenza di segni scuri. Ripetevo ossessivamente gli stessi segni più e più volte, nel fare e disfare per cercare un mio tratto caratteristico, una mia modalità di espressione.

Ho chiamato questo periodo “Punto 0” perché si tratta del mio primo consapevole tentativo di cercare un punto di partenza per il mio percorso artistico, un mio spazio creativo nel mondo esterno, che fosse espressione di una forte esigenza interna. Un punto di partenza basilare, dal buio verso la luce, dalle sfumature di grigio al colore, da spazi e tempi ristretti che mi ritagliavo dal mio lavoro principale e dalla famiglia, fino ad arrivare ad occupare il giusto spazio per raccontarmi tramite la creazione.

Sin da queste prime esplorazioni, il contatto con la componente materica della creazione artistica era per me un passaggio fondamentale: impastavo grafite e pastelli a olio e li spalmavo sul foglio, indugiando su consistenza, resa materica, intensità del colore.

La mia espressione artistica è sempre stata svincolata dalla figura, perché per me la pittura deve essere libera di esprimersi con mezzi propri, non è appartenente alla realtà, non la rappresenta e non rimanda a oggetti esterni. È pura libertà creativa, non concettuale, ma materica e casuale.

Tra la fine degli anni Ottanta e la prima metà degli anni Novanta, sentivo il bisogno di destrutturare l’impostazione tecnica che avevo appreso durante gli anni degli studi e diseducare la mano alla perfezione, attraverso la scomposizione progressiva dei segni e delle figure che tracciavo.

Il passaggio dai primi esperimenti alla pittura è stato graduale. Il primo tentativo di arrivare alla pittura tradizionale è stato attraverso delle opere con pochi colori, ma significativi: nascono così, dopo il buio e l’essenzialità cromatica delle prime creazioni, le opere rosse e gialle, con un colore forte e dominante, il rosso, e uno illuminante, il giallo.

Quando la mia quotidianità mi ha permesso di crearmi uno spazio fisico reale, uno studio dedicato a questa grande passione e la serenità economica per dedicare del tempo che non fosse rubato, ho deciso che era arrivato il momento di passare alla pittura vera e propria, con pennelli, tele e colore. Questo tipo di pittura richiedeva un processo più lungo rispetto al disegno che avevo esercitato fino a quel momento: esigeva spazi ampi, tempi dilatati, pathos e respiri profondi.

Non c’era un’idea prima dell’inizio della creazione pittorica: era la mano a tracciare segni che poi riempivano di significato dal successivo intervento della razionalità, che coglie impressioni e crea collegamenti.

Davanti alla tela la mano, l’istinto, la percezione, il sentire dell’artista, devono essere liberi di esplorare, creare macchie di colore, suggestioni. Ecco perché, dalla fine degli anni Novanta, ho cominciato a prediligere la pittura su tele grandi: la mia mano in questo modo poteva muoversi liberamente, in un movimento catartico che segue l’istinto e solo dopo suggerisce, attraverso l’intervento della mente, accostamenti, composizioni, significati.

Per circa venti anni, dal 2001 al 2018, non ho avuto il bisogno di esprimermi attraverso la pittura, preso da altri percorsi di vita. Quando ho ripreso in mano i pennelli ho sentito la necessità di ripartire da dove avevo interrotto, a differenza degli anni passati in cui ogni volta accantonavo ciò che avevo fatto per addentrarmi in nuovi esperimenti creativi.

Ho ricominciato a dipingere partendo dalle tele realizzate all’inizio degli anni Duemila: riguardando le opere apparentemente “concluse” la mia sensibilità e la mia mente mi hanno suggerito nuovi interventi e accostamenti.

Questo processo creativo avviene principalmente attraverso due modalità: nuovi segni e colori tracciati direttamente sopra il quadro, che quindi si modifica e arricchisce di nuovi sentieri e significati; oppure tramite l’accostamento di una tela aggiuntiva con un motivo e dei colori che dialogano con la tela già realizzata, in uno scambio tra passato e presente che risignifica entrambe le tele. Dipingere è, infatti, un processo in itinere, mai risolto.

L’ambiguità e il fascino della pittura risiedono proprio in questo: un procedimento mai concluso di rimandi tra segni creati in periodi differenti, un connubio tra pathos impresso dalla mano istintiva e connessioni e idee create dalla mente che osserva e rielabora.

I lavori degli ultimi anni hanno ampio respiro e vogliono accogliere dentro la tela, vogliono catturare in un mondo senza riferimenti reali e spaziali precisi, ma in cui ci si può muovere in un percorso continuo di esplorazioni e tracce create, disfatte e rimodellate dalla mente di chi crea e di chi guarda.

sospensioni 2 gennaio-marzo 2022, acrilico su tavola